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UN SOLITARIO BALLO DI GRUPPO 01/09/2007
Presentato dallo scrittore Domenico Starnone, Continental, un film sans fusil, di Stéphane Lafleur ha ottenuto applausi calorosi dal pubblico alla proiezione di oggi, alla quale erano presenti, oltre al regista, Réal Bossé e Fanny Mallette, due dei quattro attori protagonisti che nel film hanno prodotto performance piene di sfumature.
Descritto da Starnone come “un’efficace descrizione dei tentativi fatti nel mondo in cui viviamo per stabilire rapporti che però non vengono mai completamente realizzati”, il film deve il suo titolo ad un tipico ballo ( line dance ) canadese, il “Continental”, nel quale tutti ballano in gruppo restando comunque da soli. Come i quattro personaggi principali, estranei tra loro, ciascuno alle prese con la propria solitudine e il proprio senso di vuoto, e le cui vite si intersecano dopo la sparizione di un uomo.
Nonostante il tono decisamente sobrio del film, Bossé ammette che ogni volta che lo rivede, scopre aspetti sempre più umoristici in questa storia che è “in parte commedia e in parte tragedia, grottesca e insieme sublime, e perciò dai toni quasi shakespiriani”. Fanny Mallette ha aggiunto che il regista le aveva detto fin dall’inizio che il suo personaggio avrebbe dovuto essere piatto, in modo che gli aspetti bizzarri della sua vita – lasciare messaggi sulla propria segreteria telefonica, girare con una bicicletta con un seggiolino per bambini senza avere figli – avrebbero fatto da contrappunto alla normalità della sua vita quotidiana come receptionist di un hotel.
In ogni caso, come è emerso durante l’incontro del pubblico a fine proiezione, quest’opera prima indipendente realizzata dall’esperto montatore del Québec Lafleur, condivide l’angoscia americana di una ricca società che vive sempre di più ai limiti della propria vita emotiva, ma senza la rabbia esplosiva spesso mostrata nei film dei suoi vicini statunitensi.
Il conflitto in questo caso è rappresentato dalla frustrazione e dalla solitudine, non dalla violenza, e anche il sottotitolo del film è un’ulteriore elaborazione di questo concetto. Ha detto Lafleur: “Volevamo rappresentare un’America del nord tranquilla, nonostante i drammi personali, che, per ciascun personaggio, possono rappresentare la fine del mondo. Il film è anche un po’ una provocazione in un momento in cui c’è ovunque una sovrabbondanza di armi. E sebbene siamo vicini agli Stati Uniti, che stanno vivendo l’esperienza della guerra come qualcosa di molto presente, noi la sentiamo molto lontana, dall’altra parte dell’oceano”.
Comunque il finale del film offre una speranza per il futuro dei suoi personaggi. “Questo genere di film è difficile” ha detto Lafleur “perché sarebbe stato molto più facile concludere in modo pessimistico, mentre io volevo lasciare la speranza. Scopo del cinema non dovrebbe essere quello di mostrare finali pessimistici”.
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