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#10 LA BALLATA DEL PICCOLO SOLDATO
08/09/2006
Dopo la proiezione de L'étoile du soldat una sala gremita, profondamente commossa, ha salutato con una lunga standing ovation quest’opera bellissima e postuma che, come hanno sottolineato i produttori, rappresenta 25 anni della vita di Christophe de Ponfilly.
Realizzando il suo solo lungometraggio di fiction il reporter francese, noto per la sua profonda conoscenza e la sua passione per l'Afghanistan, si proponeva con questo film di avere un forte impatto. Scegliendo di raccontare la storia (ispirata a fatti realmente accaduti) di un musicista russo, Nicolaï, costretto ad arruolarsi nell’esercito sovietico in Afghanistan prima di essere catturato dai mujahiddin di Massoud e di fraternizzare, a poco a poco, con loro, Ponfilly desiderava certamente che il pubblico si identificasse con questo eroe profondamente pacifico e si rendesse conto con lui che, al contrario di ciò che viene propagandato dall’una o dall’altra parte, gli esseri umani - sia pur con qualche differenza - sono in fondo tutti uguali.
Al di là del fatto che L'étoile du soldat sia frutto di meticolose ricerche e di una grande esperienza, al di là della magnifica fotografia e dei dialoghi carichi di senso e di emozione, e al di là delle soluzioni infinitamente poetiche di cui il film è pieno (quasi tutte incarnate nella figura della bambina afgana), questo magnifico film è un inno alla fratellanza e all'umanità firmato da un Carl Sandburg della regia.

Perché Ponfilly ha scelto di basare un film di finzione su una storia vera?
Philippe Gautier (produttore): Un film di finzione ovviamente ha maggiori possibilità di essere distribuito su più ampia scala e consente al pubblico di scoprire altre cose, come il percorso che porta il prigioniero a passare gradualmente dalla paura alla conoscenza dell’altro. Questa storia inoltre ci permette di vedere la guerra da entrambi i punti di vista: infatti quando abbiamo proiettato il film di Christophe per delle madri di soldati al fronte in Afghanistan, le donne hanno reagito con fiumi di lacrime ma anche gratitudine nei nostri confronti per aver dato loro l’opportunità di essere consapevoli di ciò che stava realmente accadendo. D’altronde, le stesse immagini sono state molto apprezzate anche a Minsk, quando le abbiamo mostrate in una scuola militare del KGB.

Il regista ha avuto spesso modo di parlare delle sue opinioni politiche con gli interpreti?
Sacha Bourdo (attore): Ci ha spiegato molte cose, ma io ho scelto di muovermi in maniera diversa, focalizzando l’attenzione sul mio personaggio, Nicolaï. A questo proposito, devo ringraziare ancora infinitamente Christophe per avermi consentito, dopo averne discusso assieme, di interpretare il mio ruolo come volevo, anche se in modo meno emotivo rispetto a quanto aveva pensato per me in un primo momento.

Bénédicte Prot


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