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#07 LE DODICI FATICHE DI ERCOLE
05/09/2005
Lungamente atteso, questo documentario su Elio Petri (1929-1982) arriva come una sorpresa per la nuova generazione e come un sollievo per i cinefili più attempati. In effetti, la vita e le opere di questo grande maestro, presentate qui in ordine cronologico, sono cruciali per la Storia del Cinema quanto le pellicole di Fellini o Rosselini.
I suoi dodici film, tutti diversi, tutti brillanti, molti dei quali vincitori di premi presso gli eventi cinematografici più prestigiosi (Cannes, Berlino, Oscars...), sembrano non aver perso nulla della loro potenza: la grande folla che ha preso parte alle proiezioni a Venezia ha reagito in maniera forte e con grandi risate. Bertolucci, Robert Altman, Ursula Andress e Dante Ferretti, fra i tanti altri, lo ricordano come un pionere dell'estetica e della politica, un uomo la cui passione per il cinema non lasciava dubbi.
Così, come sottolinea il critico Aggeo Savioli, "Il cinema non era tutto nel suo cinema". Petri era un comunista non convenzionale, un filmmaker orgoglioso del fatto che il cinema fosse una forma d'arte profondamente popolare, un uomo la cui libertà era sempre sfidata dai difensori del sistema —in vano, ovviamente.
La sua personalità e la sua arte non possono in realtà essere ricordate separatamente, ragion per cui il documentario è così pieno di grandi aneddoti raccontati dai suoi collaboratori, nonché suoi cari amici.
Perché questo geniale e immensamente popolare regista, che lavorò con Mastroianni, Ennio Morricone, Gian Maria Volonté, Vanessa Redgrave, e Tonino Guerra, è stato cancellato dalla memoria collettiva? Perché in pochi ricordano che il suoi film I giorni contati batté Jules et Jim al Mar de Plata (1962). Questa è la questione centrale del documentario, che possiamo solo sperare aiuti nella 'riabilitazione' dei capolavori di questa bella persona.

Intervista con Citto Maselli
Ti sembra riuscito questo documentario?
E' un po' difficile da giudicare, soprattutto perché avendo vissuto delle vicende simile a quelle a Petri, non posso essere assolutamente oggettivo. Mi è un po' dispiaciuto il fatto della mancanza di alcuni elementi, come la precocità di Elio a livello politico —era veramente un attivista fino in fondo; rappresentava, infatti, la Sovex per l'importazione del cinema sovietico in Italia— e a livello cinematografico —era già qui a Venezia nel 1948, 49 e 50...Insomma, le cose sono un po' più complicate. Ho anche qualche dubbio a proposito dei punti di vista delle interviste, che non sono esattamente corretti, perché, purtroppo, noi autori abbiamo tutti una tendenza a parlare troppo di noi stessi. A parte questo, devo dire che questo documentario è uno sforzo eroico che va comunque al di là delle mie critiche. Restituisce la sostanza e fa vedere delle cose molto vere e inaspettate, come per esempio il senso dell'umorismo di Petri, che, pure essendo un uomo raffinatissimo, un 'intellettualone', poteva anche dire delle cose molto grevi, come se nell'umorismo ritrovasse le sue origini profondamente popolari.
La questione centrale, qui, è perché Petri sia stato così dimenticato. C'è sicuramente una volontà del sistema, ma, come dici tu nel film, forse anche una colpa da parte del mondo del cinema per non avere preso le sue difese?
C'è veramente da chiedersi per quale motivo sia stato occultato, sì, ed è vero, la mia autocritica è molto sincera. Quando i sindacati (la federazione dei meccanici) l'hano attaccato, accusando il film La classe operaia va in paradiso di essere pericoloso, noi, che eravamo tutti degli Ingraiani, non abbiamo preso le sue difese. Non ero segretario generale dell'associazione degli autori, quindi non toccava a me parlare per Petri, ma me ne vergogno comunque. Questa rimane una delle grandi responsabilità, di noi autori.

Bénédicte Prot
www.cineuropa.org
Nella photogallery, immagini di Michele Lamanna


Citto Maselli        Citto Maselli
Citto Maselli        Citto Maselli