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KI E L'HIVER DERNIER, IL CORAGGIO DI UNA MADRE SINGLE E DI UN GIOVANE AGRICOLTORE
09/09/2011
Il figlio piccolo, i soldi che non bastano mai, un ex compagno inconcludente, i servizi sociali alle calcagna. La vita di Kinga, madre single di Varsavia, è semplicemente un caos. La sua storia è raccontata in Ki, opera prima del polacco Leszek Dawid, presentata nell'ultima giornata dei Venice Days.

Un film di finzione che assomiglia a un documentario, tanto la cinepresa segue da vicino la vita quotidiana di questa giovane donna, sempre in movimento: nella cucina di casa, dove allo stesso tempo prepara da mangiare, tiene occupato il figlio, risponde al telefono, controlla le bollette, si veste; per strada, dove corre con il passeggino facendo lo slalom tra i cumuli di neve; nell'Accademia d'arte dove fa la modella, e dove riceve le visite struggenti del suo ex compagno, mentre suo figlio sgambetta tra le tele degli allievi.

Un personaggio esplosivo (che per vitalità e abbigliamento eccentrico ricorda la Poppy di Happy-Go-Lucky di Mike Leigh), interpretato in modo sottile da Roma Gasiorowska, premio della miglior attrice all'ultimo Festival del Cinema Polacco di Gdynia per questo ruolo. «Ki è ispirata a una ragazza madre che ho realmente conosciuto, che un giorno mi è piombata in casa con le sue mille esigenze. Per sopravvivere, non potevo fare altro che chiudermi in camera e scrivere», racconta lo sceneggiatore Pawel Ferdek. «Non c'è un inizio e una fine in questa storia», spiega il regista, «seguiamo Ki ed è come se vivessimo con lei un pezzetto della sua vita».

Andatura più lenta e contemplativa, ma stesso coraggio di vivere e lottare in L'hiver dernier del regista americano trapiantato a Bruxelles John Shank, anch'esso nella selezione dei Venice Days. Qui le giornate sono regolari, monotone, scandite dai ritmi della terra e del bestiame. Protagonista di questa coproduzione franco-belga, oltre al paesaggio splendido e selvaggio del Massiccio Centrale francese, è Johann (Vincent Rottiers), giovane agricoltore condannato a vivere su un altopiano isolato e a portare sulle spalle la responsabilità dell'azienda di famiglia, la cui sopravvivenza è a rischio. Un lascito che è fonte di gioia per lui, ma anche di fatica e dolore. Secondo il regista, «un film sull'attaccamento alla terra, sul confronto tra l'uomo e la natura, su una comunità di agricoltori e le sue regole, e sull'importanza dell'eredità, materiale e spirituale». Senza dubbio un film ben fotografato, che immerge lo spettatore in una realtà inconsueta, primitiva, antica.