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WEB SERIES: IL FUTURO È GIA’ QUI 08/09/2011
Organizzato dai Cento Autori e presentato dallo sceneggiatore e regista Giacomo Durzi nello spazio Pagoda delle Giornate degli Autori, l’incontro “Le nuove narrazioni e il web: il fenomeno delle web- series” fa il punto su questo nuovo e poco conosciuto ambito della produzione audiovisiva, che sta guadagnando sempre più terreno soprattutto presso i giovani.
New media: è questo il termine più utilizzato durante l’incontro; constatando il quasi definitivo superamento delle piattaforme tradizionali come la televisione, infatti, i relatori hanno ribadito l’importanza di assumere come punto di partenza la consapevolezza di vivere in un nuovo ambito transmediale, dominato da Internet, Social network e smartphone.
Questo cambiamento sta producendo importanti ripercussioni nel mercato cinematografico: film di successo della nuova commedia italiana come Notte prima degli esami, ad esempio, sono stati promossi per oltre il 70% attraverso il web, mentre le risorse multimediali di iPad, iPhone e tablet offrono un nuovo spazio alla fruizione audiovisiva.
Lo sceneggiatore Nicola Lusuardi parla di una «straordinaria apertura di potenzialità» che, oltre a rappresentare una zona quasi inesplorata e dunque fruttuosa di mercato, potrebbe rivoluzionare il linguaggio audiovisivo. «I new media - spiega Lusuardi - mettono in discussione una categoria fondamentale della televisione: il formato. E, con la loro ubiquità, introducono la categoria dello spazio. Potremmo essere di fronte a un cambiamento epocale, come quello che negli anni Ottanta coinvolse le serie TV, facendo comprendere al pubblico la loro natura di oggetto ontologicamente differente dal cinema».
È sullo sfondo di questo cambiamento tecnologico che sono sorti, in modo sistematico a partire da due anni, i primi esperimenti di web series, brevi episodi girati con bassi budget, legati da una continuity narrativa e pubblicati su YouTube.
Tra tutti, la più famosa è senz’altro Freaks!, serie il cui primo episodio è stato messo online l’8 aprile 2011. Creata da giovanissimi youtubber, i cui video ottengono migliaia di visualizzazioni, la serie ha avuto 8 milioni di visite nei primi due mesi. «Non abbiamo introdotto nessuna variazione nel modo di narrare», racconta Matteo Bruno, regista ventenne di Freaks!, «piuttosto, abbiamo lavorato su modi originali per interagire con il pubblico. La differenza tra cortometraggio e web series è che mentre il primo cerca di raccontare una storia in cinque minuti, la seconda in cinque puntate deve far affezionare un utente». «Volevano fare qualcosa di serio, realizzare un prodotto che gli sarebbe piaciuto vedere» spiega il responsabile di Showreel, azienda di new business che produce la serie; «noi non abbiamo interferito minimamente con la loro attività. Questi ragazzi fanno parte di una generazione stanca della TV, che punta su contenuti capaci di parlare direttamente la lingua dei propri interlocutori».
Moltissimi altri sono gli esperimenti simili condotti nell’ultimo periodo: da Duemondi, di Frank Monopoli, serie di fantascienza realizzata montando materiali di pubblico dominio, a Faccialibro, sitcom da poco trasmessa su msn.it, passando per L’altra, social film a puntate che ha visto protagonista su Facebook un personaggio d’invenzione, Martina Dego, intrappolata in una biblioteca il giorno di Natale.
Ognuno di questi progetti ha a suo modo esplorato uno spazio del nuovo territorio multimediale, imbattendosi in nuovi modi di raccontare storie e interagire con gli spettatori. Le web series finora prodotte hanno già dimostrato, seppur ancora in misura limitata, quali sono le potenzialità estetiche di questo neonato linguaggio. Diviene dunque importante superare le barriere che tarpano le ali alla sua piena maturazione, come le limitazioni di banda, e convincere gli autori che il web può essere «uno spazio all’altezza delle loro aspettative estetiche», come afferma Lusuardi, che prosegue: «siamo ancora in attesa di un mondo imprenditoriale che si accorga di una realtà che all’estero è già stata scoperta e sfruttata adeguatamente». Il futuro dell’audiovisivo è già presente, e non aspetta altro che d’essere valorizzato e declinato nelle sue molteplici possibilità.
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