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PRESUNTI COLPEVOLI E TESTIMONI 07/09/2011
«In questi anni ne ha parlato molto. Ma si è dato un termine: il 14 novembre 2011, decimo anniversario dall'arresto. Dopo di allora non dirà più una parola sulla vicenda. Sarà il suo modo per voltare definitivamente pagina». Questo Vincent Garenq riferisce di Alain Marécaux, l'ufficiale giudiziario che insieme ad altre dodici persone innocenti venne sbattuto in carcere con l'accusa di pedofilia nella cittadina di Outreau. Quello che è diventato uno dei casi di malagiustizia più gravi che la Francia abbia mai conosciuto è al centro del nuovo film del regista francese, Présumé coupable, presentato alle Giornate degli Autori.
Un film che è un pugno nello stomaco, arrabbiato, trascinante, con protagonista un eccezionale Philippe Torreton, che sa restituire con realismo lo spaesamento, la paura e l'impotenza dinanzi a un'ingiustizia cieca, così come sono raccontate nel libro di memorie di Marécaux, "Chronique de mon erreur judiciaire", da cui il film è tratto con la massima fedeltà. «Ho letto il libro ed è stata un'esperienza sconvolgente», racconta Garenq. «Ho contattato subito Marécaux per dirgli che volevo raccontare la sua storia, fargli delle domande e chiedergli di partecipare alla sceneggiatura. Non volevo che subisse un secondo tradimento, dopo quello giudiziario». Così, dice il regista, Marécaux gli è stato accanto per tutto lo sviluppo del film, fornendogli ogni dettaglio possibile: «Ha visto il film per la prima volta con Torreton. Si sono stretti la mano e hanno pianto insieme».
Sempre su testimonianze dirette di sofferenza e umiliazione si basa un altro film presentato ai Venice Days: Testimony di Shlomi Elkabetz, in cui soldati israeliani e civili palestinesi raccontano, in una sorta di dialogo a distanza, scene di vita quotidiana, e di quotidiana violenza e sopraffazione, durante la Seconda Intifada. Un film coraggioso, teatrale, fatto di lunghi monologhi davanti alla cinepresa, in cui la narrazione è affidata tutta alla parola, allo sguardo, ai gesti, con la natura come unica scenografia. «Un archivio congiunto israelo-palestinese di testimonianze», nelle intenzioni del suo autore, «per il futuro, per le generazioni che verranno, per gettare le basi per una riconciliazione».
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