|
|
|
|
|
|
|
FREDERICK WISEMAN, CINEASTA DELL’ATTESA 04/09/2011
Il primo appuntamento non si scorda mai. Certamente non lo dimenticheranno i ragazzi del progetto 27 volte cinema, che per l'occasione hanno incontrato il regista Frederick Wiseman, autore del documentario Crazy Horse. L’incontro, moderato dal giornalista della rivista «Variety» Tim Gray, ha permesso ai 27 di esplorare il modo in cui il regista lavora, conoscendo alcuni dei suoi trucchi del mestiere.
«Sono interessato a fare film sulle istituzioni più rappresentative, presenti in qualsiasi società», afferma Wiseman, spiegando così la sua vocazione per il documentario, genere che ha sposato sin dall’inizio della sua carriera, negli anni Sessanta, realizzando film su ospedali, prigioni, zoo, scuole, parchi e via dicendo. Il suo approccio alla materia è volutamente poco metodico e molto creativo: «faccio un giro di perlustrazione sulla location di un giorno. La vera ricerca inizia durante le riprese». Wiseman, infatti, non predispone nulla nel suo lavoro ma lascia che le cose si mostrino spontaneamente: «non si sa come la gente potrà reagire, è impossibile da prevedere. Per questo è indispensabile girare molto, senza mai fermarsi; le cose più importanti accadono proprio mentre spegni la telecamera».
Questo significa, come il regista precisa più volte, che il momento più importante del suo lavoro è l’editing, in cui viene visionato il materiale girato: «Crazy horse (la cui durata finale è di poco superiore alle due ore, ndr.) è il frutto di una selezione tra 150 ore di riprese. In media utilizzo solo il 2% di quello che giro e impiego un anno per realizzare il montaggio». È proprio l’editing a rappresentare, secondo Wiseman, una delle migliori palestre per qualsiasi cineasta; è in questo momento, infatti, che ci si confronta con le esigenze del linguaggio cinematografico, apprendendo la distinzione tra inquadrature indispensabili e inquadrature inutilizzabili.
Assieme all’esperienza maturata nel corso degli anni, soprattutto grazie al montaggio dei suoi stessi film, il regista indica altri due segreti del saper fare cinema, che lo aiutano nell’individuazione della giusta inquadratura: «la fortuna e l’essere senza alternativa. Ci sono volte in cui sei costretto a mettere la macchina da presa in una specifica posizione».
La maggior parte delle volte, tuttavia, il mondo sceglie liberamente di mostrarsi a Wiseman, cineasta dell’attesa, erede di quello sguardo vagabondo che attraverso i Lumiere inaugurò la storia del cinema. Francesco Bonerba
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|