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LE RUGGINI DELL'INFANFIA 02/09/2011
Un gruppo di bambini, immigrati meridionali nella periferia di una città del Nord Italia. Uno stimato medico, primario di pediatria, cittadino al di sopra di ogni sospetto. L'incontro in una calda estate e un trauma infantile che non si scorda. Il dramma della pedofilia, al centro di Ruggine di Daniele Gaglianone, sbarca alle Giornate degli Autori. Il film ha ricevuto una calda accoglienza da parte del pubblico del festival, che lo ha applaudito per diversi minuti. Una fiaba nera in cui l'orco ha il volto di Filippo Timi, e le vittime, da adulti, quello di Valerio Mastandrea, Stefano Accorsi e Valeria Solarino.
Tratto dall'omonimo romanzo di Stefano Massaron, il film alterna il passato comune dei tre bambini protagonisti con il presente in cui ognuno di loro prova a vivere la sua vita, più o meno realizzata che sia, con più o meno cicatrici. «Quando ho letto il libro, ho provato empatia per questi bambini sradicati, quale sono stato anch'io, emigrato nella periferia di Torino alla fine degli anni Settanta», racconta il regista. «Poi mi ha colpito il personaggio del dottor Boldrini, per ciò che rappresenta per loro. Mi sono chiesto: che cosa succede quando la violenza bussa alla tua porta? Quali tracce lascia in una persona un'esperienza drammatica? La risposta è che chi incontra quel male non lo sconfigge mai davvero».
Per Filippo Timi, una parte odiosa, rischiosa, che non molti attori accetterebbero: «Io non sono quello lì, sono solo un interprete straordinario», scherza, non nuovo a personaggi quantomeno sgradevoli (Vallanzasca, Vincere, Come Dio comanda), ammettendo la sfida di un ruolo simile e di essersi fidato ciecamente del regista. Il rischio era infatti quello di sfiorare l'eccesso, il parossismo, con i suoi lamenti cavernosi, i suoi momenti sboccati, i suoi canti ispirati. «Ho pensato a creare un mostro così come se lo sarebbe rappresentato un bambino», spiega l'attore.
«Ci sono momenti di stasi e altri più sopra le righe», ammette Gaglianone, «quando canta si crede di stare all'Opera. Ma certe scelte sono al limite e io preferisco sempre rischiare».
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