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MARION HANSEL, IN SILENZIO DAVANTI ALLA MINACCIA ATOMICA
10/09/2010
Tre ragazzi appena maggiorenni si ritrovano insieme su una nave della Marina francese all'inizio degli anni '70, senza sapere che stanno per prendere parte ai test nucleari di Mururoa. Lo spunto di Noir Océan, di Marion Hansel, contiene in sé già tutte le premesse di una storia intensa e toccante che esplora il momento di transizione dall'adolescenza all'età adulta, l'amicizia tra uomini, la gerarchia e un importante argomento politico. La regista ha raccontato la storia - tratta fedelmente da due racconti di Hubert Mingarelli - scegliendo un'atmosfera rarefatta, in cui a parlare sono soprattutto le immagini e i lunghi silenzi. Girato in 32 giorni su una nave, per la maggior parte tra la Corsica e la Sardegna, Noir Océan è interpretato da Adrien Jolivet, Nicolas Robin e Romain David, e ha un budget di 2,6 milioni di euro che, come ha raccontato la cineasta a CinecittàNews, è lievitato a causa di alcuni ostacoli posti dal Ministero della Difesa francese.

Perché ha scelto di parlare di quel momento storico e in particolare dei test nucleari di Mururoa?
Trovavo interessante raccontare quell'epoca, perché su questo tema c'è stato un silenzio lungo trent'anni dovuto al segreto di Stato imposto dal Ministero della Difesa francese, caduto solo tre-quattro anni fa. Era importante capire se quegli esperimenti fossero giusti o sbagliati, per i cittadini francesi e per le persone che vi erano coinvolte. Tra l'altro, che io sappia, non esistono film di finzione sull'argomento, e questo mi sembrava il momento giusto per parlarne.

Lei cosa ne pensa?
Quei test nucleari sono stati fatti per armare la Francia, o magari l'Iraq, e io non riesco a capire come sia possibile pensare oggi di difendere un paese con la bomba nucleare, conoscendone gli effetti devastanti. Il mio film indirettamente parla anche dei giovani soldati americani che vanno in guerra in Iraq senza nemmeno sapere perché sono lì e cosa succederà loro. E' triste ma le cose non cambiano.

È interessante che lei abbia trattato un tema così delicato senza quasi parlarne, lasciandolo sullo sfondo, anche se molto presente.
Sì, mi sono concentrata sulla fragilità di quell'età in cui non sai cosa diventerai, cosa ti succederà. È il periodo più difficile della vita; io ad esempio ho avuto una vita felice e una famiglia presente, ma comunque ricordo il periodo tra i 16 e i 20 anni come un incubo, per l'insicurezza sul futuro.

Quali sono state le difficoltà più grandi nel girare Noir Océan?
Durante le riprese non ci sono stati problemi, tranne qualche piccola tempesta. Le difficoltà le abbiamo avute prima, in pre-produzione. Avevamo fatto leggere la sceneggiatura al Ministero della Difesa francese e l'avevano approvata, arrivando persino a metterci a disposizione la nave su cui girare. Poi improvvisamente, evidentemente per ordine di un superiore, dopo un anno e mezzo hanno ritirato il loro appoggio e noi ci siamo trovati a dover cercare di nuovo i finanziamenti perché cambiavano i termini della produzione. A un certo punto ho pensato anche di rinunciare.

Come ha trovato gli attori? E come li ha diretti in una situazione così particolare?
Il casting è stato molto difficile, è durato otto mesi. Era fondamentale per me trovare non solo tre bravi attori, ma tre attori che funzionassero bene insieme, ognuno dipendeva dall'altro. Una volta scelti Jolivet, Robin e David è stato tutto semplice, anche perché sono stati molto 'obbedienti'. Facevano tutto ciò che gli chiedevo e a volte avevo l'impressione di essere la madre.
Michela Greco – Cinecittà News