NEWS
PHOTOGALLERY
REGISTI
FILM
PROGRAMMA
PRESENTAZIONE
REGOLAMENTO
PARTNERS
CONTATTI
EDIZIONE IN CORSO
TRE INCONTRI PER DIALOGARE SUL FUTURO DEL CINEMA ITALIANO
08/09/2010
Gli incontri alla Villa degli Autori, seppur con protagonisti diversi, seguono un filo rosso che permette di comprendere quanto ampio sia l'attuale stato di crisi della cultura italiana e dunque anche del cinema. La discussione sulla digitalizzazione delle sale e sui mancati finanziamenti statali al cinema, due temi promossi direttamente dall'ANAC, e la presentazione del nuovo numero della rivista «Micromega» dedicato interamente al cinema, con una raccolta di articoli scritti prevalentemente da autori italiani, hanno messo in evidenza una duplice necessità: da un lato capire il futuro che, come dire, è già adesso; dall'altro interrogarsi su cosa è cambiato rispetto al passato senza con questo provarne nostalgia.

Negli ultimi anni la digitalizzazione delle sale ha avuto un'accelerazione progressiva, al punto che è diventato un tema cruciale e inaggirabile. L'avvento del 2k, la possibilità di rendere più agile la distribuzione-diffusione delle opere, per esempio attraverso il satellite, mettono in gioco una serie di argomenti importanti.
Quali sale sono pronte per intraprendere le nuove frontiere del digitale? Chi potrà permettersi proiettori e software all'avanguardia, magari da posizionare accanto al tradizionale 35mm? E gli esercenti saranno costretti a licenziare il personale in eccesso quando con la digitalizzazione delle sale occorreranno professionalità diverse e meno numerose? E sarà possibile riportare nei cinema una serie di film che hanno trovato la strada sbarrata negli ultimi anni? E di seguito, il monopolio di alcune distribuzioni cesserà?
Queste in sintesi sono state alcune delle numerose domande poste dal conduttore dell'incontro Francesco Ranieri Martinotti agli esercenti, ai rappresentanti di varie associazioni, ai registi, ai distributori e ai produttori, protagonisti di un dibattito nel quale inevitabilmente non tutti si sono mostrati d'accordo sulla via da seguire. D'altro canto, lo scontro era fisiologico, anche perché, e su questo tutti concordavano, in Italia, dove al momento si contano circa 630 sale digitali, si è arrivati in ritardo a capire che qualcosa d'importante stava cambiando. Più di dieci anni fa erano già stati presentati dei progetti che all'epoca anticipavano quel che sarebbe accaduto da lì a poco, ma come ha ricordato Andrea Papini in un intervento scritto, "si è preferito trasformare i cinema in sale bingo".
Ora, grazie anche al successo del 3-D e di film come Avatar, tutti si sono finalmente convinti che non si è più nel campo delle ipotesi e delle teorie avveniristiche ma in quello della pratica e della ricerca di soluzioni. Naturalmente non si tratta di imitare il modello imposto da James Cameron su scala planetaria, ma di prendere coscienza per lo meno che le scelte sono aumentate.

Inizialmente si scriveva di un filo rosso che unisce gli incontri alla Villa degli Autori, e in effetti nella presentazione della rivista «Micromega», diretta da Paolo Flores d'Arcais, lo stato d'incertezza che domina attualmente ogni dibattito sul cinema italiano si è puntualmente riproposto. Se si fa fatica a mettersi al passo con i tempi e a usare le nuove tecnologie è per motivi economici e politici.
All'incontro hanno partecipato Gianni Canova, curatore del numero insieme a Flores D'Arcais, Marco Bellocchio e Ascanio Celestini. "Il cinema e l'impegno", è il titolo che unisce i vari articoli. E gli ospiti non hanno potuto che constatare la difficoltà di un periodo nel quale il cinema italiano deve difendersi da un attacco, non solo da parte di chi sta al governo e decide le strategie dei finanziamenti ma anche di chi non è capace di opporsi con controproposte efficaci.
"Se per certi versi - ha fatto notare Bellocchio - la crisi ha spinto i registi più giovani, presenti ad esempio qui a Venezia, a essere creativi e indipendenti, sia per mezzo dell'uso di nuove tecnologie, sia per l'adozione di linguaggi diversi, per quanto concerne gli autori più affermati e i film con un budget elevato, il condizionamento è diventato pesante". Alle ingerenze, alla mancanza di soldi e indipendenza, forse la risposta più diretta l'ha data Celestini, che citando Milena Gabanelli incontrata poco prima di venire a Venezia, ha riaffermato il diritto di un artista a "rompere le scatole", a prescindere dal contesto cupo nel quale la cultura italiana sembra essere rimasta avvolta.

L'ANAC è tornata diretta protagonista degli incontri in un secondo appuntamento, per raccontare il prossimo autunno caldo del cinema italiano. Citto Maselli, coordinatore del dibattito, ha portato all'attenzione del pubblico e degli ospiti invitati a intervenire, una ricerca realizzata e commissionata recentemente da Federculture e Fondo Ambiente Italiano.
Questo studio, promosso da realtà definite "neutre" o comunque politicamente non orientate a sinistra, si riallaccia a un precedente lavoro, il “Libro bianco”, prodotto dall'ANAC stessa. La tesi, che in una situazione normale dovrebbe sembrare scontata, e che invece si pone come paradossale e difficile da far circolare in un momento storico in cui domina il luogo comune della "cultura mangiasoldi", dimostra semplicemente che le risorse destinate alla cultura rappresentano per lo Stato, non una spesa, ma un vero e proprio investimento. Bruno Torri, Gianluca Arcopinto, Emidio Greco, sono solo alcune delle voci che si sono alternate durante il dibattito, dove si oscillava tra chi vuole combattere subito e chi rimanda la battaglia a data da destinarsi per totale mancanza di interlocutori. Quel che è emerso, comunque, è la miopia di coloro che tagliando in modo indiscriminato i fondi per la cultura stanno impoverendo un settore che produce molti utili e occupa tante persone, che per esemplificare, pagando le tasse fanno tornare indietro alla casse dello stato parecchi soldi.